incipit

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In uno stato d’animo a metà fra il panico e la meraviglia, Giulio continuava ad alternare lo sguardo, mettendo a fuoco ora le sue scarpe da ginnastica bianche e blu con i lacci mangiucchiati da Bobby, ora la distesa di erba che si trovava almeno tre metri più in basso, chiedendosi come mai fra i due non vi fosse contatto.

Era solo una delle domande che gli stavano scoppiando in testa, mentre stava sospeso in aria immobile, con la paura che anche il più lieve gesto potesse provocare la sua rovinosa caduta.

Come fosse finito lassù non gli era chiaro. Come riuscisse a stare per aria senza un appoggio o un cavo che lo sorreggesse era altrettanto un mistero. Ma la questione che più lo angosciava era: come sarebbe riuscito a scendere?



Dopo qualche attimo di silenzio, riprese “Hai appena ricevuto un’email con l’indicazione di un luogo e un orario per l’appuntamento più importante della tua vita. Fatti trovare sul posto con 12 minuti di anticipo: ti farò avere indicazioni su cosa fare prima dell’incontro”.

 

Il silenzio che seguì mi fece capire che la telefonata era conclusa. Mi sedetti e aprii la posta, mentre l’Orchestra Sinfonica di Londra continuava la sua magistrale esecuzione.

La mail, proveniente da un indirizzo sconosciuto, citava “Oggi alle 5 in via Taramelli 12”. Nessuna firma.

Fissai la mail per un po’, cercando di immaginare perché questo appuntamento avrebbe dovuto essere così fondamentale: cosa mai avrei potuto trovare alle 5 in quel luogo così anonimo della città?

Scolai la pasta, ormai immangiabile, spensi la radio, e mentre stavo per scaldare un pezzo di tofu con verdure avanzato dalla sera prima, vidi che l’orologio del microonde segnava le 12 e 30.

Mangiai davanti al computer: avevo poco più di quattro ore per decidere se prestare credito alla donna al telefono. Avrebbe potuto trattarsi di uno scherzo, o di una pazza mitomane.

Se avessi deciso di presentarmi sarebbe stato meglio, in ogni caso, avere attorno qualche luogo pubblico: un bar, un negozio o ufficio, ma ricordavo che si trattava di un’area periferica, lontana da attività commerciali. Così, alle 15.45, decisi di fare un giro di perlustrazione: mi mossi nei dintorni notando un certo via vai di macchine che mi diede un po’ di sicurezza, e decisi di seguire le indicazioni che la donna mi aveva dato poco prima.

Alle cinque meno dodici minuti un messaggio anonimo mi indicò un nuovo indirizzo poco distante, e il cognome sul campanello a cui avrei dovuto citofonare.

Eseguii esitando, e una voce mi invitò a salire al terzo piano.

Tenevo il cellulare in mano nella tasca, con il dito pronto sul tasto delle emergenze.

Ma quando l’ascensore si aprì per poco non mi sentii mancare dall’emozione: circondate dai sorrisi di tutti gli amici che avevo faticosamente conosciuto e conquistato nei tre anni trascorsi Italia c’erano Ruru e Rye, tremanti di gioia. La mia famiglia era finalmente riunita grazie – lo seppi dopo aver abbracciato a lungo mia moglie e mia figlia, che non vedevo da quando avevo dovuto lasciare la Cina – all’incredibile sforzo di amici e colleghi, che da mesi lavoravano per noi.